Farine e dintorni

Cosa intendiamo per pane vero? Proviamo insieme a fare il pane in casa, e con un po’ di organizzazione in cucina, ci guadagneremo in termini di salute e benessere generale, oltre che di sapore.

Oggigiorno abbiamo necessità di scoprire quale sia il pane vero.

Quello impastato, curato, atteso e cotto con amore. Quello che ha solo tre ingredienti, con delle piccole varianti, ma che prevede la cura della pasta madre, magari regalata da un’amica, che profuma di storie, calore e fatica. Se proviamo a fare il pane in casa, con un po’ di organizzazione in cucina, ci guadagneremo in termini di salute e benessere generale, oltre che di sapore.

Ovviamente, per un capolavoro di tale qualità, non possiamo che usare materie prime pregiate, farine di grani antichi e integrali.

Classificazione delle farine in base all’abburattamento

La farina, per definizione, è il prodotto della macinazione di cereali e semi.

La più diffusa è quella ottenuta dal grano tenero o Triticum aestivum ed è l’ideale per la produzione di dolci e prodotti da forno.

Dopo essere stata macinata, la farina può essere abburattata, cioè setacciata attraverso i buratti.

In base alla dimensione delle maglie dei setacci si ottengono le farine che troviamo in commercio.

A secondo del tasso di abburattamento, e quindi di raffinazione del chicco, le farine si distinguono in cinque tipi: “00”, “0”, “1”, “2” e integrale.

Nello specifico la farina 00  ha un grado di abburattamento più basso e l’ integrale ha il 100%.

Esiste anche la farina “000”, è una “00” più pura di quello che prevedono gli standard di classificazione.

Fortunatamente non si trova normalmente sugli scaffali, ma, se esiste, evidentemente è utilizzata in alcune produzioni  in cui è richiesta una sfoglia chiara, sottile e particolarmente bianca.

Il grano duro o Triticum durum invece, se macinato, produce la semola.

La semola può essere integrale, semola e semola rimacinata.
La semola rimacinata ha una granulometria più fine, ha un colore più chiaro ed è più idonea per la panificazione. La semola è meno raffinata ha un colore più intenso ed è indicata per la preparazione della pasta.

In realtà il pane viene prodotto con entrambe: tradizionalmente il Sud predilige il grano duro, il Nord il grano tenero.

La pasta madre

Tradizionalmente riconosciamo due metodi per panificare in modo naturale:

Utilizzando l’IMPASTO DI RIPORTO o mantenendo viva, attraverso i rinfreschi, la PASTA MADRE .

L’impasto di riporto è un pezzetto di impasto già lievitato che viene messo da parte per essere inoculato nella nuova massa.

Di fatto entrambi i metodi sono validi. Io utilizzo il metodo della pasta madre ma l’impasto di riporto mi è stato molto utile quando, per un errore, ho dimenticato di conservare una piccola parte di pasta madre da rinfrescare per le panificazioni successive.

Ogni volta che prendiamo tra le mani il vaso della nostra pasta madre, istintivamente, apriamo e annusiamo. Il profumo, giustamente acido, sale e ci dice che la nostra bimba sta bene. Quando la pasta madre entra nella nostra cucina, entra nella nostra famiglia. Sappiamo di doverci prendere cura di lei, ma saprà darci grandi soddisfazioni.

Ogni famiglia contadina aveva una pasta madre e il proprio metodo per panificare. Ogni pasta madre è unica, fortemente condizionata dall’ambiente in cui viene tenuta.

Come creare la pasta madre

Se volete creare la vostra pasta madre è necessario utilizzare farina, preferibilmente bio, e acqua non clorata.

Mescolate 50 gr di farina (se usate quella di segale, è più facile) con 50 gr di acqua tiepida e lasciate in un ambiente a 24°-26°.

In 48 ore dovrebbe iniziare l’attività fermentativa, visibile con la formazione di bolle e schiuma. Se vi sembra che non sia successo nulla, non demordete, rinfrescate comunque perché l’attività fermentativa sarà comunque partita anche se è invisibile ai nostri occhi.

A questo punto, buttiamo 50 gr di composto (o, se ci dispiace buttarlo, aggiungiamolo ad un impasto fatto con il lievito di birra e prepariamo un pane), e iniziamo i rinfreschi aggiungendo 50 gr di farina + 50 gr di acqua e lasciando il contenitore a temperatura ambiente per 24 ore.

Continuiamo così, con il rinfresco, per almeno tre o quattro volte.

Quando il composto raddoppia il suo volume in 4 ore circa, la pasta madre è pronta per essere usata, ma raggiungerà il massimo delle sue potenzialità dopo un mese di rinfreschi.

Comunque, l’avventura è iniziata e la vostra cucina non sarà più la stessa.

Il rinfresco

Se, invece, qualcuno che vi vuole molto bene vi ha regalato un po’ di pasta madre, tutto è più semplice.

Non dovete aspettare un mese ma potete utilizzarla praticamente subito: pesatela e rinfrescatela 1:1:1 (stesso peso di pm, di acqua e di farina) per un paio di giorni e così sarete pronti per la panificazione o la produzione di pandolci e focacce.

Quando ho necessità di aumentare velocemente la quantità di pasta madre, aumento la quantità di acqua e farina e rinfresco 1:2:2 (per es. 50 gr pm+100gr acqua+100 gr farina). avrò bisogno di un numero maggiore di ore per avere la mia pasta madre pronta ma, in questo modo avrò una quantità di pasta madre che mi permetterà di produrre più pani e focacce.

Io per i rinfreschi utilizzo una farina di grani antichi tipo 1.

Ho visto che minore è l’abburattamento, e maggiore è la presenza di crusca, la pasta madre diventa più acida.

Se non panificate, potete conservare la vostra pm nel frigorifero ma, per panificare, è sempre meglio riportarla a temperatura ambiente.

Fare il pane

Non esiste una ricetta unica per fare il pane. Le nostre nonne non avevano frequentato corsi di panificazione, non avevano termometri, camere di lievitazione ecc…  ogni famiglia aveva una ricetta che si tramandava di madre in figlia con la pasta madre che, di mano in mano, si arricchiva di una biodiversità unica per ogni casa.

Una delle ricette che realizziamo in Mausolea, giusto per avere un punto da cui partire, è questa:

Pane al vapore.

450 gr di farina di grano antico, integra (50% tenero, 50% duro)

250 ml circa di acqua non clorata

1 cucchiaino di sale marino integrale

150 gr di pasta madre semi liquida

semi oleosi a piacere.

preparazione dell’autolisi:

  • versate la farina in una ciotola, aggiungete l’acqua e il sale e impastate fino ad ottenere un impasto omogeneo.
  • lasciate riposare l’impasto (minimo 30 minuti –  max 24 ore,  io lascio 4-5 ore)

primo impasto:

  • aggiungete la pasta madre e i semi oleosi scelti e impastate fino ad ottenere un impasto liscio.
  • date la forma e posizionate l’impasto in una ciotola leggermente unta.
  • Coprite con un telo umido o chiudete la ciotola con un film in modo che non passi aria, che potrebbe seccare la superficie.
  • Quando il volume è quasi raddoppiato è il momento di FARE LE PIEGHE.
  • Spolverate il piano di lavoro con poca farina e versate l’impasto lievitato.
  • Schiacciatelo con delicatezza sul piano e fate delle pieghe, rivoltando l’impasto su se stesso, prima dal lato destro, poi da quello sinistro , dall’alto verso di voi e dal basso verso l’alto.
  • Capovolgete l’impasto sul piano ed eseguite la PIRLATURA, chiudendo con cura le pieghe fatte.
  • Quando la palla è ben formata, appoggiatela in una ciotola rivestita con un telo leggermente spolverato con un po’ di farina.
  • Questa seconda lievitazione sarà sicuramente più veloce.
  • A questo punto siete pronti per la cottura: mettete sul fornello una pentola capiente con abbondante acqua, della misura esatta per appoggiare il vostro cestello in sicurezza.
  • Quando l’acqua bolle, lasciate cadere delicatamente la vostra pagnotta sulla carta da forno che avrete inserito nel cestello di bambù.
  • Incidete l’impasto lievitato facendo una croce e posizionate il vostro cestello, ben chiuso, sulla pentola.
  • Cuocete per un’ora.

Se ho tempo, preferisco prepararlo alla sera, per farlo lievitare tutta la notte:

una volta fatta l’autolisi e il primo impasto, lascio riposare un’oretta a temperatura ambiente poi metto la ciotola in frigorifero lasciandola tutta la notte.

al mattino successivo, tolgo dal frigo e lascio ancora un’oretta a temperatura ambiente.

A quel punto procedo con le pieghe e riprendo come nella ricetta descritta sopra.

Ma perché cuociamo il pane al vapore?

Perché la cottura avviene a 100 gradi

Cuocere il pane in forno a 200° e più, ci regala una crosticina deliziosa che piace davvero a tutti però è possibile che si formi l’acrilammide, una sostanza pericolosa per la salute che si forma naturalmente in alimenti ricchi di amidi e asparagina durante la cottura oltre i 120°C.

Oltre a questo dobbiamo considerare che la fibra cotta in forno diventa particolarmente dura e irritante per le mucose intestinali, a maggior ragione quando abbiamo patologie che portano ad infiammazione di queste parti.

Il pane al vapore è morbido, gustoso e sano…adatto anche ai nonni che fanno fatica a masticare!!!!

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